Rock'n'roll High School - ...nulla sarà più come prima!!

Thursday, August 31, 2006

Due chiacchere con...

"Il limite essenziale delle astratte cose"
Franklin Delano - 23 Agosto 2006

Incominciando dalla normalizzazione della fine, cosa sarà a breve dei Franklin Delano, ovvero cosa rimarrà di questo 2006, e cosa diventerà il prossimo 2007?

Intanto il 2006 è ancora lungo, almeno per noi. Il nostro terzo album, "Come Home", uscirà ad Ottobre per Ghost records. Il disco è molto meno dilatato del precedente, il brano più lungo è sotto i 6 minuti.
Non un cambio radicale di direzione, ma una sterzata secca verso le radici del rock’n’roll e del folk americano. Abbiamo pensato che dovevamo confrontarci con una tradizione che abbiamo amato senza conoscere bene. Abbiamo voluto approfondirne la conoscenza, soprattutto ci interessava scoprirne e assimilarne l’approccio e distaccarci dal modo “italiano” di mimarlo, senza tuttavia giungerne all’essenza. La nostra musica si è perciò venata di Sixties e Seventies rock e soul, ha approfondito la verve country, ha compresso e concentrato il noise psichedelico – in una ricerca conscia di sviluppi differenti e meno casuali. Abbiamo concentrato il nostro lavoro su assoli disturbati, coretti marci e dinamiche più raffinate di arrangiamento. Le melodie sono di certo più immediate e dirette, e c’è stata una cura meticolosa, quasi ossessiva, sui testi. In un paio di occasioni abbiamo inserito una sezione fiati, il che è per noi un’esperienza totalmente nuova. La cosa che più mi piace di questo disco è che davvero i brani iniziano in un modo e diventano qualcos’altro senza che lo si percepisca. L’esperienza di registrarlo con Brian Deck dall’inizio alla fine, immersi nell’atmosfera chicagoana, e in studi così all’avanguardia come gli Engine e i Soma, è stata francamente una delle esperienze più eccitanti della mia vita. Un ringraziamento dunque a Ghost records, che ci ha aiutato a concretizzare questo ambizioso progetto. Passeremo fine 2006 e buona parte del 2007 in tour. Intanto nuove idee e circostanze nasceranno. Tutto può succedere, e al momento è prematuro parlarne.

Chicago, Califone e amicizia, quali le verità e quali invece le illusioni?

Verità e illusione viaggiano a braccetto. La scena americana è disillusa mille volte più della nostra. Gli stessi Califone, dopo vent’anni di esperienza nel settore e nessuna grande svolta a livello di notorietà, sono sempre molto cauti nell’esprimere giudizi. Ci diamo una mano a vicenda, ci vogliamo bene e ci stimiamo. L’anno scorso Tim Rutili e Jim Becker erano in tour qui in Italia con i nostri amplificatori, e contemporaneamente noi usavamo parte del loro backline in giro per gli States. Ci hanno ospitato a casa loro e ci hanno dato consigli importanti. Hanno suonato sui nostri dischi.
Proprio questa disillusione è forse la chiave di volta della creatività esplosiva degli americani. Non hanno nulla da perdere, per questo possono permettersi di osare. Chicago è la nostra seconda casa. Ci sorprende renderci conto di quanto siamo a nostro agio in quella città, di cui iniziamo a conoscere i segreti e a comprendere parecchie dinamiche. Tutto questo è stato possibile solo grazie all’aiuto e supporto costante di Steve e Justin di File 13, dei Califone e di tutti gli amici conosciuti laggiù.

I Franklin Delano sembrano quasi snobbare le culture musicali italiane che sono o che stanno nascendo ultimamente nell'underground italiano, spingendosi sempre più nella vostra complessa visione delle cose, è giusto affermare, che oggi forse siete una delle poche realtà veramente fuori da ogni possibile concetto di normalità?

Noi stiamo solo cercando di fare una musica a 360°, completa e autosufficiente. Ci piace l’idea che la nostra musica possa essere colonna sonora di attività le più disparate e offrire uno specchio a tanti stati d’animo differenti.
Quello che cerchiamo di evitare è di seguire una scia prodotta da altri, di essere didascalici. In altre parole cerchiamo di osare, e di non dare nulla per scontato. Ci sono una quantità di artisti italiani che seguono la nostra stessa filosofia, e nominarli tutti è impossibile. Molti di loro danno parecchi punti alla maggioranza delle bands estere osannate qui in Italia. L’atteggiamento della critica e del pubblico però non aiuta la scena italiana a crescere. L’Italia, al contrario di qualsiasi altro paese del mondo, manca di autarchia e di un pizzico di sano “campanilismo”. Di qui pochi riescono ad emergere. Poi c’è la una vera e propria sbarra – proprio una specie di passaggio a livello – che nel nostro paese ferma tutti quelli che cantano in inglese, in favore di chi preferisce la lingua italiana. Basta scrivere due concetti bene allineati in italiano ed ecco che, anche se la musica non è niente di speciale o di personale, ti si aprono le porte di un successo, magari effimero. A noi è un meccanismo che non interessa; anzi, proprio non piace.

Paolo Iocca, ovvero fondatore ed artefice delle meraviglie dei Franklin Delano, nasce nella Napoli allegra, per finire nella Bologna giovane, quali le diversità di approccio di queste due città, e come è cambiata la tua visuale musical culturale grazie a questo cambiamento?

Napoli è allegra solo in superficie. E’ una città di cupa impotenza, dove si combatte quotidianamente per ottenere quello che al Nord è implicitamente scontato e che sarebbe anzi assurdo non considerare un comune diritto.
Questo per dire che a Bologna è molto più semplice costruire qualcosa nell’ambito di arte e cultura. Ci sono solide fondamenta sulle quali poter lavorare. Difficile dire come la mia visione delle cose in materia di musica sia mutata nel corso del tempo – e quanto di questo cambiamento sia dovuto all’aria di Bologna. Penso che la cosa che adesso sta facendo la differenza oggi è più un atteggiamento più “maturo” nei confronti della musica, intesa come arte e come professione.

"All my senses are senseless today" e "Like a Smoking Gun In Front Of Me", due lavori che se messi a confronto sembrano distanti anni luce fra loro, ma che invece sono usciti nell'arco di un anno o due, quali le spiegazioni, e quali le curiosità fra questi due mondi dalle vicinanze parallele?

"All My Senses…" venne registrato sotto forma di demo. Non ci interessava una registrazione ad altà fedeltà perché volevamo avere solo un riferimento oggettivo per noi stessi. Alcuni brani, oltretutto, non erano neanche finiti. Intanto la band stava andando avanti con l’arrangiamento di nuovo materiale, e il cambio di line-up (Vittoria Burattini al posto di Samuele Lambertini) finì per rendere le differenze stilistiche incolmabili. Mentre quel demo non trovava una sua via discografica, decisi di andare avanti e registrare i brani nuovi; lungi dal farlo cadere nel dimenticatoio, volli comunque farlo recensire nelle sezioni “demo” della stampa.
Le recensioni entusiastiche crearono una spirale positiva, e un’etichetta (la Zahr records) si fece avanti per pubblicarlo. Così, mentre noi avevamo nel frattempo già abbandonato molti di quei brani, il disco usciva all’inizio del 2004. In questo modo si è creata una sorta di asincronia all’interno del nostro materiale pubblicato – che continua ad avere strascichi ancora oggi.