Rock'n'roll High School - ...nulla sarà più come prima!!

Tuesday, November 14, 2006

Due chiacchere con...

"L'irreale pazzia di un coinvolgimento esteriormente inebriante.."
Ok Go - 12 Ottobre 2006

Innanzitutto iniziamo a parlare dei due live italiani, come è andata la serata di ieri a Milano e cosa vi aspettate da questa serata romana?

Il concerto di ieri sera a Milano è stato grandioso, abbiamo avuto un pubblico eccezionale. Non avevamo mai suonato lì prima, quindi non sapevamo cosa aspettarci. Immaginavamo ci fossero una decina di persone, o poco più, invece alla fine ci hanno detto che sono venuti circa in quattrocento. Che dire, è stato grande, ci hanno offerto dell’ottimo cibo prima dello spettacolo, spero che riusciremo a tornarci prima o poi. Per quanto riguarda stasera non so come andrà, noi ogni volta cerchiamo semplicemen
te di divertirci e speriamo che anche la gente faccia altrettanto. Ma sì, sono fiducioso che Roma saprà divertirsi.

"Oh no" è stato descritto come "42 minuti di selvaggio e propulsivo Rock and Roll". Cosa rappresenta invece per voi e quali sono le differenze sostanziali con il vostro primo lavoro uscito nel 2002?

Siamo piuttosto orgogliosi di questo disco. Il nostro primo lavoro si chiamava “OK go” ed aveva più l’aspetto di un progetto da studio di registrazione, più sperimentale. Abbiamo suonato con ogni tipo di strumento, provato ogni tipo di suono e riempito tutto lo spazio a disposizione. Era eccessivamente lavorato, i suoni erano molto sintetizzati, ma era quello che volevamo al momento, volevamo proprio creare una sorta di “capolavoro”. Alla fine del tour però ci siamo resi conto di piacerci più come live band e di preferire le canzoni così come le suonavamo dal vivo, rispetto a come erano nell’album. Così la seconda
volta in studio abbiamo cercato di catturare maggiormente quello che facciamo sul palco, piuttosto che creare un altro lavoro di alta produzione. Invece di lavorare con eccessive sovraincisioni o roba del genere, abbiamo semplicemente registrato le tracce contemporaneamente, tutti in una stanza, senza troppe aggiunte in fase di mixaggio. Penso che alla fine ci siamo ritrovati con un album molto più rock e molto più energico. C’è anche maggiore spazio, in modo che le canzoni abbiano la possibilità di respirare meglio.

Come è stato lavorare al fianco di un produttore come Tore Johansson, già scopritore dei Franz Ferdinand?

Tore Johansson è fantastico. La ragione per cui ci siamo rivolti a lui è perché, avendogli spedito parecchi nostri demo, la sua critica principale era stata: <<>>. E quel tipo di suono era esattamente ciò che volevamo, cioè qualcosa che fosse un po’ più scuro, più spaventoso. Ci ha imposto regole severe: ad esempio non potevamo registrare con il metronomo, perché voleva che ci sentissimo molto sciolti nel suonare. Così anche se le canzoni in certi momenti si velocizzano o rallentano, va bene lo stesso, anche perché è esattamente quello che succede quando suoni dal vivo. È stato molto abile nel capire quello che avevamo in mente e ricreare quel tipo di suono.


Il vostro primo video “A Million Ways”, realizzato con soli pochi dollari da cosa è nato, da chi, e sopratutto da quale idea di base?

È stata un’idea collettiva. In realtà però la danza per “A million ways” non era stata concepita per farne un video ma come un qualcosa da proporre alla fine dei nostri concerti, come per dire: <<>>. Per quanto riguarda la coreografia ci ha aiutato Trish, la sorella di Damian e quando lei è scoppiata a ridere nel guardarci, ci siamo resi conto che noi non ci eravamo mai visti ballare. Così abbiamo deciso di riprenderci, e il costo del video quindi sono i soli cinque dollari per comprare il nastro. Abbiamo messo la telecamera nel cortile ed eseguito tutto la coreografia. Rivedendoci ci siamo detti <<>> e lo abbiamo mostrato ai nostri amici, anche per far capire loro cosa avevamo intenzione di fare dal vivo. A loro è piaciuto moltissimo e hanno cominciato a insistere: <<>> ed hanno iniziato a farlo circolare. Lo hanno messo in rete, sulle pagine di Myspace e sui blog e dopo un mese ci è stato detto che era stato scaricato circa centomila volte, fino a che dopo sei mesi è diventato il video più scaricato su internet. In fondo però si è trattato di un grosso errore.


Il video di “Here It Goes Again” invece sembra l'evoluzione del primo singolo, 8 tapis roulant, intrecci incredibili, e tanta genialità in atto, nata da cosa?

Praticamente, vedendo il successo riscontrato con “A million ways”, abbiamo deciso di girare un video con più consapevolezza. Non abbiamo chiesto nulla alla nostra etichetta , ma ci siamo nuovamente rivolti a Trish dicendole <<>>. Lei è una ballerina professionista e quindi vede il mondo con gli occhi della ballerina e forse l’abbiamo colta in un giorno in cui aveva visto da poco dei tapis roulant, fatto sta che ci propone quest’idea eccezionale di ballare sui tapis roulant. Siamo andati per una settimana giù nello studio che si trova al piano inferiore del suo appartamento, abbiamo affittato i tapis roulant e lavorato alla coreografia per “Here it goes”. In realtà questa non era la canzone che noi avevamo scelto, all’inizio volevamo utilizzare “A good idea at that time”, ma quando abbiamo iniziato a provare i passi con quella base, ci siamo accorti che era troppo lenta, così abbiamo deciso di cambiare canzone. Quindi non è stata la nostra etichetta a imporci “Here it goes” come singolo, siamo stati noi a scegliere la canzone funzionava meglio per il video.


Damian Kulash. in un'intervista parlando del rock attuale disse così: "Tutti ci dicono che il rock and roll è l’ombra di se stesso – una vecchia e triste mucca da latte che ogni mattina sorride al fattore. Noi lo vediamo ancora come un toro scalciante.”, siete fondamentalmente ancora della stessa idea?

Io penso che la mappa del rock ‘n roll ormai è stata fatta, che ogni regola è come se sia già stata scritta. A questo punto bisogna rompere queste regole e fare le cose in modo innovativo. Penso che in trenta, quarant’anni ogni angolo del rock and roll è stato toccato e quindi ora non resta che dire <<>>, che è in sostanza quello che noi proviamo a fare. Cercare quindi di suonare rock and roll, mescolandone e intrecciandone i vari aspetti e indirizzandoli verso una nuova struttura.

Il tour mondiale è durato addirittura due anni, che esperienza è stata e cosa avete portato da questo interminabile viaggio live?

Essenzialmente è successo questo: l’album ha impiegato circa un anno prima di uscire nei negozi, così ad un certo punto abbiamo deciso di iniziare lo stesso il tour in modo da costruire comunque una base di ascoltatori e inoltre suonare i nuovi pezzi hai fan che gia avevamo. Siamo partiti in tour sette mesi prima che uscisse il disco. Quando poi è uscito il primo singolo, questo è stato surclassato da “A million ways”, così abbiamo dovuto fare un altro tour di sei mesi per cavalcare l’onda del successo del video. Quando poi “A million ways” è arrivato in Europa abbiamo fatto un mini tour anche lì, ed ecco che in quel momento negli Stati Uniti è uscito il nuovo singolo e allora siamo tornati indietro per promuoverlo. La stessa cosa è successa due mesi fa, quando ormai eravamo pronti a chiudere con questo album e iniziare a lavorare al nuovo. Abbiamo pensato di uscire con il video di “Here it goes again” non potendoci però aspettare un successo del genere: è stato sorprendente sapere che in due giorni è stato scaricato fino a mezzo milione di volte su You Tube. Così abbiamo dovuto prolungare il tour per altri sei mesi. Quello che vogliamo ora però è concentrarci sul terzo album. Essere in tour è grandioso, significa che ci sono persone che vogliono venire a vederti ed è fantastico, l’unico problema è che ti occupa tutto il tempo. Ieri abbiamo fatto circa otto ore di promozione con la stampa, poi abbiamo avuto il concerto e il giorno dopo ci siamo svegliati all’alba per andare all’aeroporto e venire qui a Roma. È molto stancante, ma è quello che vogliamo fare. Alla fine della giornata abbiamo sempre voglia di fare nuova musica, di scrivere un nuovo disco, di immaginare un nuovo video. Però è pazzesco, neanche te ne accorgi e ti ritrovi a stare in tour per due anni.

Cosa rappresenta per voi Chicago, quali sono stati i vostri inizi da quelle parti, e quanto questa città ha influito sul vostro modo di fare musica e pensare in musica?
Noi abbiamo iniziato a Chicago tra il 1998 e il 1999. Chicago ha una fantastica scena indie-rock, e una fantastica scena musicale in generale. Le persone a Chicago amano la musica. Non c’è un altro caso di città del genere negli Stati Uniti. Forse da altre parti era così fino a una quindicina d’anni fa, ma con l’arrivo di internet e dei videogiochi, penso che i ragazzi siano meno interessati ai concerti. A Chicago però c’è ancora questo sentimento di amore verso la musica. È anche una città abbastanza economica, quindi possiamo permetterci di essere musicisti poveri e continuare a fare musica. La grande cosa è che funziona molto la filosofia del DIY (Do It Yourself), cioè <<>>. A Chicago si è molto indipendenti, le persone fanno le cose non per guadagnarci o per diventare famosi, ma soltanto perché hanno una buona idea e vogliono realizzarla. Quindi è stato il posto perfetto per noi per iniziare come band, per sviluppare il nostro suono e anche per avere qualche posto dove poter suonare dal vivo. Penso che Chicago ci abbia aiutato moltissimo ad essere indipendenti e a pensare a quello che volevamo noi veramente e non quello che voleva qualcun altro.

Come è stata l'esperienza degli MTV Video Music Awards di New York lo scorso 31 agosto?

Quando abbiamo concluso il video di “Here it goes again” non avevamo pensato di eseguirlo dal vivo, fino ai Video Music Awards. All’inizio, quando la nostra etichetta ce ne ha parlato, pensavamo si trattasse di uno scherzo, poi quando effettivamente ci hanno chiamato quelli dei VMAs, ci siamo detti : <<>>. È stato molto eccitante, era come stare in vacanza nella “Terra della celebrità”, o cose del genere. È strano dividere il palco con Justin Timberlake o Beyonce e la cosa più strana è non solo dividerne il placo, ma anche fare una gara con loro su un balletto. Ma è stato grande, ad esempio alla comunità hip-hop è piaciuto molto. Snoop Dogg, P Diddy e lo stesso Justin Timberlake sono venuti dopo lo spettacolo a congratularsi con noi. È stata una delle cose più strane e allo stesso tempo più eccitanti che abbiamo mai fatto e la cosa più buffa è il fatto che sia stato proprio ballare in quel modo a portarci là. In fin dei conti penso sia buono arrivare con la nostra musica a più gente possibile, molta di più di quella a cui potresti arrivare con un tour mondiale. Certo senza contare YouTube, ma ci sono anche persone che non usano internet, guardano la televisione e penso sia importante mostrare a loro quello che facciamo.